"Vidi Paestano gaudere rosaria cultu"

    Scriveva il poeta latino, (opera attribuita ad Ausonio), nel descrivere una passeggiata mattutina di Virgilio e paragona il roseto innanzi ai suoi occhi alle più famose rose di Paestum considerate una eccellenza del tempo.
    Anche Marziale usa le rose di Paestum come termine di paragone per descrivere la bellezza dei soggetti rappresentati nelle sue opere: "labbra rosse come le rose di Paestum" o "l'alito della fanciulla simile al profumo di un roseto di Paestum".
    La Campania, ci racconta Plinio, era la zona dell'impero che produceva grandi quantità di profumi e presso la stessa Paestum è stato ritrovato un antico laboratorio destinato alla produzione di essenze profumate.
    Questa tipologia di produzione richiedeva enormi quantità di petali del fiore dedicato a Venere e per questo i roseti hanno caratterizzato il panorama dell'antica città.

    La fama di queste rose bifere, (che fioriscono due volte all'anno), era tale da sopravvivere alla fine della loro coltivazione e alla perdita dei roseti.
    Venendo ai nostri giorni la Soprintendenza per i beni archeologici di Salerno e il parco del Cilento e del Vallo di Diano hanno deciso di recuperare questo fiore cercando di ricrearlo da specie che dovevano essere simili, (purtroppo non abbiamo DNA nè dati certi sulla specie originale), per reimpiantarlo negli scavi.